Celebrare la vita ogni mattina

Ovvero: pensa alla tua morte

Mercoledì è morto un amico.

Ha lasciato il corpo, come diciamo nel buddhismo.

Ha lasciato il corpo
significa che la sua coscienza mentale, ha abbandonato il corpo fisico ed è rientrato nel Samsara, cioè nel giro delle rinascite, pronto a sperimentare un’altra rinascita.

Ci hanno sempre insegnato a temere il momento della morte, ad essere tremendamente tristi per la mancanza delle persone che sperimentavano questo processo, ad essere rispettosi, ad essere giusti, a portare rispetto di fronte ad essa e i funerali a cui siamo abituati nella nostra tradizione ci fanno vedere esattamente questo.

La tragicità dell’evento morte.

Come è cambiata la concezione di questo evento

“Temi tu, la morte?”

Davy Jones

Con il passare degli anni e di questi eventi che comunque sono stati tappe importanti della mia vita, mi sono resa conto che, passata la tristezza, una volta elaborato il lutto, si torna quasi subito alla vita di tutti i giorni e alla fine, le persone vengono quasi dimenticate nel passare dei giorni uno uguale all’altro.

Ora, nella società tanto carina in cui viviamo le nostre vite piene di concezioni quali “che brutta cosa che hai detto”, e “ma è terribile”, non ci si rende mai conto del fatto che la morte sia inevitabilmente un traguardo per tutti nessuno escluso, eppure continuiamo a pensare di essere immortali.

Viviamo tranquillamente pensando di avere tutto il tempo del mondo per fare finalmente le cose che ci renderebbero felici, per studiare quella materia interessante, per fare quel viaggio che sogniamo tanto, per avviare quella attività e poi, puff, ti ritrovi vecchio e con mille rimpianti.

No, non abbiamo tutto il tempo del mondo, e me l’ha fatto ricordare la morte di Gio.

Dopo il funerale, siamo tornati tutti alle nostre vite, alla nostra routine, ai nostri lavori, anzi alcune persone non sono venute appunto a causa del lavoro, perché non potevano prendersi mezza giornata su 250 circa giorni lavorativi all’anno e dare l’ultimo saluto ad un amico che è morto così giovane.

Non li sto biasimando, assolutamente, ma sto ponendo l’accento al fatto che siamo talmente presi dalle nostre vite abitudinarie e inconsapevoli, che si dà più importanza a mezza giornata lavorativa che alla fine vita di una persona.

Mezza giornata in cui ci si fa scrupoli a chiedere al proprio datore di lavoro di lasciarci 4 ore per poter partecipare a un funerale, cosa che dovrebbe essere nei diritti inviolabili di ciascuno, invece no, non si prova nemmeno a chiederlo, perché la risposta la si sa già in anticipo:

Senza di te, in quelle 4 ore, l’azienda fallirà, perderà un sacco di soldi, tutti i tuoi colleghi rimarranno a casa, non sapranno come sfamare le proprie famiglie, e sarà tutta colpa tua.
Sentiti in colpa solo a pensare, di prendere 4 ore per te, non hai senso del dovere e sei un irresponsabile.

Perché meditare sulla morte ogni giorno

Di questo sto parlando.
Sto parlando delle vocine che ci passano per la testa quando solo osi pensare di prenderti del tempo per te, togliendolo ad altri.

Sto parlando di quando ti costringi a fare delle attività solo perché hai detto di sì per abitudine, attività di cui non te ne importa nulla, ma fanno felice qualcun’altro.

Parlo di quando rinunci a viaggi, attività, tempo, salute e sonno per vivere la vita di altri.

Parlo dei momenti in cui vorresti solo stare per i fatti tuoi, ma devi per forza rispondere al telefono, anche se non ne hai alcuna voglia.

Parlo di tutto questo e altro, continua tu l’elenco.

Quando inizierai a vivere davvero?

Ecco perchè bisognerebbe meditare sulla propria morte ogni mattina.

… in pratica

“Se vabbè Vero, mi ci manca solo questo, già mi alzo la mattina con la nausea e la voglia di vivere sotto le ciabatte, ci manca solo che mi metto a pensare alla morte, eddai su!”

un lettore qualunque

Si, esattamente per quel motivo.

Se ogni mattina ti alzi e l’unica cosa che vorresti fare è mandare tutti al diavolo e tornare a dormire, significa che hai bisogno di meditare sul fatto che la tua vita ha una data di scadenza che non sai e che è ora di cambiare qualcosa

(oppure tutto, dipende dal livello di insoddisfazione).

Fermarsi un attimo e pensare al fatto indiscutibile che forse sarà l’ultimo giorno che passi su questa terra ti obbliga a pensare ad ogni azione che fai:

se ti porta o meno valore;

se ti fa stare bene;

se è necessario cambiare dei particolari per avere finalmente una vita degna di essere vissuta;

smettere di pensare sempre in funzione delle aspettative degli altri nei tuoi confronti.

Ecco le domande che puoi farti:

  • Sapendo che oggi potrebbe essere l’ultima, quali azioni posso compiere per rendere questa giornata memorabile?
  • Quali pensieri voglio avere e quali cercherò di evitare?
  • Quali sono le attività a cui darò la priorità?
  • Quali “passi” posso compiere per realizzare finalmente i miei sogni?

I benefici del meditare sulla propria morte 

Innanzitutto, ti dà una motivazione valida per alzarti dal letto e vivere una giornata piena, non seminata di piccole insoddisfazioni, routine e malavoglia di vivere;

poi, ti fa sbattere il muso contro il muro della inedia, ti ferma e fa sì che tu ti renda conto se stai facendo le azioni giuste per te e per la tua vita.

Perchè devi accontentarti?

Chi l’ha detto?

I tuoi genitori? I tuoi amici? La tua famiglia? La società?

E chi sono? 

Non credi ormai di essere abbastanza adulto per poter decidere da solo qual’è il giusto grado di soddisfazione per vivere una vita a tua misura?

Amare la vita, amare ogni giorno quello che fai, trovare uno scopo, che sia solo tuo, che sia per te.

Se non ti prendi cura per te stesso, chi lo farà?